“Industria 4.0” con opportunità e rischi per l’occupazione
Ci sarà un cambiamento radicale della Società, dove i nostri figli sceglieranno mestieri che ancora non esistono
La quarta rivoluzione industriale, meglio nota come “Industria 4.0”, fu menzionata per la prima volta nell’anno 2011 alla Fiera di Hannover in Germania.
Benchè la data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è stata definita, se ne comincia a parlare sempre più. Sulla questione se ne è discusso ampiamente al World Economic Forum nel gennaio 2016 a Davos (Svizzera), dal titolo “Mastering the Fourth Industrial Revolution”. Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum, è convinto che siamo tuttavia solo all’inizio di una trasformazione che modificherà radicalmente il modo in cui viviamo, lavoriamo e comunichiamo. Egli aggiunge che i cambiamenti e le trasformazioni di questa nuova rivoluzione industriale produrranno grandi opportunità, ma anche, inevitabilmente, enormi rischi: l’incapacità di adattamento delle organizzazioni; le difficoltà da parte delle istituzioni ad adottare e regolamentare le nuove tecnologie; le criticità in termini di sicurezza generate da nuovi poteri; il possibile aumento delle diseguaglianze; la frammentazione della società.
Questa rivoluzione si sta concretizzando sulla realtà odierna in modo rapidissimo ed interessa moltissimi ambiti della società e della vita di tutti i giorni di ognuno di noi. Le nuove tecnologie che, combinando sfera fisica, digitale e biologica, genereranno conseguenze in tutte le discipline e in tutti i settori economici e produttivi, arrivando a mettere in discussione persino il significato di “essere umano”.
Negli ultimi tempi le aziende ed i media cominciano ad affrontare tali temi. Elemento primario della quarta rivoluzione industriale è l’utilizzo su larga scala della tecnologia “IoT” (internet of things) ai processi di produzione su scala globale. L’internet delle cose (“Internet of Things“) si espande sempre più e rappresenta un’ulteriore occasione di sviluppo.
Attraverso lo sviluppo della tecnologia internet è stato esteso ad oggetti e luoghi reali.
Gli oggetti “intelligenti” interagiscono con ciò che li circonda, captando e trasferendo informazioni tra rete internet ed il mondo reale. Attraverso tecnologie quali Rfid (Identificazione a radio frequenza) il QR code può essere assegnata una “identità elettronica” agli oggetti reali e dispositivi della vita di tutti i giorni, quali ad esempio: orologi, videocamere, termostati, rilevatori di umidità, sensori ambientali, videocamere etc. La cosiddetta “domotica” rappresenta la tecnologia domestica dell’IoT. Anche nelle automobili la componente meccanica e quella digitale si integrano e stanno diventando dei prodotti dotati di tecnologia IoT per la raccolta e la condivisione di informazioni attraverso la rete internet.
Tali tecnologie vengono utilizzate sempre più nel settore industriale, infatti i macchinari diventano intelligenti attraverso la progettazione delle linee produttive “IoT”, che permettono di segnalare guasti, fornire dati sulla produzione dando l’opportunità di avere una descrizione esatta dell’andamento dell’intero impianto produttivo, con un evidente aumento della produttività.
La Commissione Europea ha avviato l’Alleanza per l’Internet delle cose (AIOTI), al fine di sviluppare e sostenere il dialogo e l’interazione tra l’Internet of Things (IoT) di diversi partecipanti in Europa, per la creazione di un ecosistema europeo dinamico degli oggetti per liberare le potenzialità del IoT.
L’Alleanza per l’Internet delle cose è stata convertita in un’associazione europea con sede a Bruxelles il 22 settembre 2016.
La Commissione Europea ha pubblicato nell’aprile 2016 il documento di lavoro “Far progredire Internet delle cose in Europa“. Questo documento è parte della “Digitalizzazione dell’industria europea (DEI)” iniziativa e specifica la visione dell’UE degli oggetti che si basa su tre pilastri:
- a thriving IoT ecosystem
- a human-centred IoT approach
- a single market for IoT.
Gli effetti sull’occupazione
L’innovazione tecnologica dei macchinari porta ad un notevole aumento di qualità e produttività ma allo stesso tempo favorisce la scomparsa di alcune professioni.
Pertanto, i pericoli che questa “rivoluzione tecnologica” riduca drasticamente e rapidamente l’occupazione sono realmente alti, generando paura nelle popolazioni ed accudendo i contrasti sociali in danno soprattutto delle élite e dei leader politici.
Le figure professionali meno specializzate sparirebbero, mentre si creerebbero nuove figure rappresentate dai tecnici specializzati nella risoluzione di particolari problemi, agli addetti alla progettazione dei macchinari ed alla formazione necessaria per le nuove della nuova tecnologie.
Sul tema gli organizzatori del World Economic Forum hanno redatto, un rapporto intitolato “The future of Jobs” , la “Quarta rivoluzione industriale”
Secondo il rapporto che è stato redatto attraverso la consultazione dei manager di imprese che impiegano 15 milioni di persone, nei Paesi più sviluppati ed in più settori industriali, da qui al 2020 vi sarà la perdita di 5 milioni di posti di lavoro. In Italia l’economia richiederà un maggiore re-training per la forza lavoro inadeguata.
Le tecnologie avanzate si moltiplicano rapidamente ed inesorabilmente, pertanto il loro inarrestabile sviluppo va finalizzato al mantenimento del benessere di tutti gli esseri umani. Tale arduo compito d’indirizzo ricade sulla nostra classe politica in genere attivando un dialogo con l’industria privata ed anche attraverso azioni mirate al contenimento della spesa pubblica, la costruzione di regole, incentivi, finanziamenti, al sostegno dei bisognosi permettendo uno sviluppo della società in modo equilibrato. Si pensi al vantaggio fiscale che avrebbe lo Stato e tutti i cittadini onesti dall’applicazione su larga scala dei sistemi di pagamento elettronico (bancomat, carta di credito, paypal etc.), sicuramente vi sarebbe un maggiore introito fiscale ed una corresponsione degli emolumenti di integrazione al reddito a chi ne avrebbe veramente necessità, permettendo di individuare con facilità i soggetti che fanno transazioni “in nero” non conosciute dal fisco e determinando quindi delle dichiarazioni dei redditi più fedeli alla realtà grazie ai dati incrociati tra acquirenti e venditori o prestatori di servizi.
Secondo Bill Gates, il fondatore di Microsoft, in relazione all’incremento dei robot nelle fabbriche a scapito degli umani, che perdono così posti di lavoro, è necessario che gli stessi paghino le tasse, seppur minori di quelle umane.
L’eurodeputata lussemburghese Mady Delvaux, in un rapporto al Parlamento Europeo, ha dichiarato che i robot, essendo destinati a sostituire alcune categorie di lavoratori, dovrebbero farsi carico del trattamento pensionistico di questi, per rimediare alle disuguaglianze di reddito indotte dalla robotizzazione.
Secondo uno studio della Griffith University e di Cathy Davidson, oggi Direttrice della Futures initiative alla City university di New York, la tecnologia sta rivoluzionando il mondo del lavoro in modo talmente radicale che almeno il 65% dei nostri figli sceglieranno mestieri che ancora non esistono. La scuola si deve adattare rapidamente ai cambiamenti che le nuove tecnologie offrono, formando sia gli studenti ma anche gli insegnanti.
Recentemente, Elon Musk (Ingegnere, esploratore, inventore, visionario ) dopo essersi interessato di viaggi nello spazio, auto elettriche ed altri avveniristici progetti ha creato l’azienda Neuralink che si occupa di sviluppare un’interfaccia neurale per connettere esseri umani e computer che permettano agli uomini di essere competitivi rispetto ai sistemi di Intelligenza Artificiale (AI). Attraverso le nuove connessioni il cervello umano dialogherà direttamente con i computer ma permetterà anche di comunicare all’instante con qualsiasi altro uomo, solamente attraverso il pensiero.
Suo anche il proggeto “Hyperloop”, il treno da 1000 km/h che promette di collegare i 570 km tra San Francisco e Los Angeles in 35 minuti.
In altre rivoluzioni industriali i cambiamenti hanno prodotto dei cambiamenti radicali della società. Oggi il progresso tecnologico è rapidissimo ed altrettanto rapide debbono essere le risposte in termini sociali da parte della politica e della pubblica amministrazione per gestire i cambiamenti radicali che vedremo già nei prossimi anni.
Recentemente, lo stesso ex presidente degli Stati Uniti d’America Barak Obama ha dichiarato che la tecnologia “sta creando in molti settori dell’economia alta intensità di capitale e meno richiesta di mano d’opera. Tutto questo diventerà un problema nel mondo avanzato aggiungendo inoltre che “se molti giovani sono disoccupati, canalizzeranno in modo malsano le loro energie”
In occasione dell’International Journalism Festival tenutosi a Perugia il 9 aprile 2017, il direttore del TG di La7 Enrico Mentana ha invitato i giovani a mobilitarsi, criticando gli stage definendoli inutili e facendo delle proposte sul lavoro in modo da ridurre gli stipendi agli anziani che restano a lavoro ed assumere contemporaneamente giovani. Il nostro Paese ha necessità di un turn over generazionale, affinchè i giovani entrino nel mondo del lavoro contribuendo così anche alla riduzione del digital divide.
È necessario abbassare l’età pensionabile, reinserendo le pensioni di anzianità cominciando dai lavori maggiormente usuranti.
Nell’aprile scorso il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha dichiarato che non si stanno facendo quegli interventi necessari per favorire i giovani, in considerazione del fatto che la disoccupazione è raddoppiata nell’ultimo decennio mentre gli stipendi iniziali sono diminuiti in modo rilevante.
A partire dagli anni 2000, il lavoro a gratis o sottopagato è stato avviato su larga scala sotto la denominazione di tirocinio, stage, contratti a progetto, culminando addirittura nell’alternanza scuola lavoro. Effettivamente, l’alternanza è pubblicizzata sul sito del Ministero della Pubblica Istruzione come “Un’esperienza formativa innovativa per unire sapere e saper fare, orientare le aspirazioni degli studenti e aprire didattica e apprendimento al mondo esterno”, in realtà molti studenti delle scuole superiori sacrificano troppe ore da dedicare allo studio a scuola, pregiudicando la qualità dell’istruzione, in favore di “lavoro gratuito” da espletare presso le imprese e senza alcuna garanzia di acquisire capacità superiori o occupazione futura.
In buona sostanza, invece di favorire il ricambio generazionale, puntando sulla crescita economica, si sfruttano i giovani e gli extracomunitari per fornire manodopera a basso costo alle imprese, togliendogli anche l’opportunità di andare un giorno in pensione, data la precarietà estrema del mondo del lavoro, mentre molti altri sono costretti ad emigrare in cerca di una migliore condizione economica.
L’Italia è diventata un Paese dove l’arrivo degli stranieri bisognosi di accoglienza è diventato un business per molti, ma che è gestito a scapito degli interessi, sia economici che sociali del nostro Paese.
Non è questa l’Italia che vogliamo, vogliamo un Paese dove tutti i cittadini devono avere il diritto al lavoro per vivere dignitosamente, mettendo al centro il valore della persona e la dignità dell’uomo.